CONTRO IL PERMANERE DEI SOPRANNOMI (DA NOI E ALTROVE)
Nella Valle dell’Aniene ce ne sono di “pesantissimi”!
L’apologo del calzolaio di Napoli)
I soprannomi? Saranno pure una curiosità antropologico-culturale, ma sono in gran parte cattiveria “tribale”. O no? Fissano molte persone, per difetti veri o presunti (anche fisici) o per “errori di gioventù” ad un nomignolo odioso, per sempre: un inferno! IL MALCAPITATO E’ IDENTIFICATO COL SUO PROBLEMA.
Dopo i duri tempi pandemici che stiamo vivendo, liberiamoci da questa macchia “tribale”, come di un abito logoro e sfilacciato.
Cominciamo a vedere ogni nostro simile come un valore autentico. Ai ragazzi dell’Oratorio s’insegnava: “ Ogni essere umano (vivente, passato o futuro) è una parola di Dio che non si tipete mai”.
A Subiaco, ad esempio, gli oriundi di qualche paese vicino, portano appiccicato come soprannome il nome del loro paese, per generazioni: “Jennese”, “Tagliacozzano”, “Affilano”. E’ l’ultima resistenza all’integrazione? Comunque non è pratica utile ad alcunché . Alcuni soprannomi sono irripetibili. Specialmente quei nomignoli che fanno riferimento a un difetto fisico, vero o presunto. Figuratevi sentirseli ripetere a ogni pié sospinto e dover far finta di niente… Figuratevi l’orrore della “baja” (canzonatura – localmente ‘ncanata-), contro qualche poveretto isolato e male in arnese… Anche per sfuggire a questa e ad altre angherie, nel Medioevo si diceva: “L’aria della città rende liberi”!
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