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La nostra storia

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La Storia di Monte Livata

DA OLIVATA A MONTELIVATA-2

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La Catacomba di Suriva a Subiaco

LIDIO GASPERINI E LA CATACOMBA DI SORIPA A SUBIACO

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La Villa di Nerone a Subiaco

LA VILLA DI NERONE A SUBIACOVilla di Nerone a Subiaco

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Gina Lollobrigida

Gina Lollobrigida e Subiaco 2 (1)

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Gilgamesh

Eroe ARMATO CHE DOMA IL LEONE

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IL PALAZZO DELLA MISSIONE

IL PALAZZO DELLA MISSIONE

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EFEBO DI SUBIACO

UN DOTTA DISPUTA

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NO ai soprannomi

CONTRO IL PERMANERE DEI SOPRANNOMI (DA NOI E ALTROVE)

Nella Valle dell’Aniene ce ne sono di “pesantissimi”!

L’apologo del calzolaio di Napoli)

I soprannomi? Saranno pure una curiosità antropologico-culturale, ma sono in gran parte cattiveria “tribale”. O no?  Fissano molte persone, per difetti veri o presunti (anche fisici) o per “errori di gioventù” ad un nomignolo odioso, per sempre: un inferno! IL MALCAPITATO E’ IDENTIFICATO COL SUO PROBLEMA.

Dopo i duri tempi pandemici che stiamo vivendo, liberiamoci da questa macchia “tribale”, come di un abito logoro e sfilacciato.

Cominciamo a vedere ogni nostro simile come un valore autentico. Ai ragazzi dell’Oratorio s’insegnava: “ Ogni essere umano (vivente, passato o futuro) è una parola di Dio che non si tipete mai”.

A Subiaco, ad esempio, gli oriundi di qualche paese vicino, portano appiccicato come soprannome il nome del loro paese, per generazioni: “Jennese”, “Tagliacozzano”, “Affilano”. E’ l’ultima resistenza all’integrazione? Comunque non è pratica utile ad alcunché .  Alcuni soprannomi sono irripetibili. Specialmente quei nomignoli che fanno riferimento a un difetto fisico, vero o presunto. Figuratevi sentirseli ripetere a ogni pié sospinto e dover far finta di niente… Figuratevi l’orrore della “baja” (canzonatura – localmente ‘ncanata-), contro qualche poveretto isolato e male in arnese… Anche per sfuggire a questa e ad altre angherie, nel Medioevo si diceva: “L’aria della città rende liberi”!

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CORRADINO DI SVEVIA

“ ‘NA VOTA CI PASSO’ CARLO PE’ FUCINO!”

Tra grande storia e tradizione popolare locale.

A dimostrazione che la Battaglia di Tagliacozzo tra Corradino di Svevia e Carlo d’Angiò ebbe una eco profonda tra le popolazioni di un vasto territorio all’intorno, è restato il detto-proverbio: “’Na  vota ci passò Carlo pe’ Fucino…”, con un chiaro significato di “non sempre le cose ti andranno bene…”.

La vicenda storica è ben nota e approfondita dagli storici.

Vale la pena di richiamarla sinteticamente.

“La battaglia di Tagliacozzo fu combattuta nei piani Palentini nei pressi di Scurcola Marsicana il 23 agosto 1268 tra i Ghibellini, sostenitori di Corradino di Svevia, e le truppe angioine di Carlo I d’Angiò, di parte Guelfa; rappresentando, di fatto, l’ultimo atto della potenza sveva in Italia”.

Le varie fasi dei combattimenti sono state descritte, con un solo verso, da Dante Alighieri nella Divina Commedia (Inferno, Canto XXVIII, vv,17-18):   ”… e là da Tagliacozzo, dove senz’arme vinse il vecchio Alardo”.Ma le manovre, prima, durante e dopo la battaglia sono ormai descrivibili come in una sceneggiatura: Corradino e i suoi armati a Carsoli; poi verso il Cicolano. I due Capi si trovarono di fronte, proprio come “rivali” nelle due rive del ruscello Riale (o Ritello). Corradino raggiunse Borgocollefegato (oggi Borgorose)-Cappelle e Magliano dei Marsi…

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