Aneliti di libertà di Alessandro Scafetta

Università Popolare di Subiaco

ANELITI DI LIBERTÀ

Saggio Storico di Alessandro Scafetta

Libero pensatore Sublacense

PRESENTAZIONE

All’Università Popolare

di Subiaco

Sapevamo che Alessandro Scafetta aveva matura­to una sua vera competenza personale sulle vicende storiche della battaglia di Tagliacozzo, in realtà come egli stesso ha precisato, battaglia dei Piani Palentini presso Scurcola Marsicana tra Svevi e Angioini, oltre ad altre sue indagini sui Simbruina Stagna.

Ci fa piacere di salutare ora questa sua ri­costruzione di una “Allenza per la Giustizia” tra le popolazioni dei feudi di Subiaco e Tagliacozzo.

La cultura popolare scopre così di avere in sè risorse di tutti e per tutti sui temi tradizionali e at­tuali. Sì, attuali come di sempre sono anche i più mo­desti impegni per il diritto a salvaguardia della pace.

Attendiamo altri contributi di altri aniensi, equi e non, per ricostruire la trama della storia che ci ha forgiati. In realtà andiamo così alla ricerca di im­pegni per la giustizia di oggi e di domani, delle popolazioni aniensi e abruzzesi, come di un raggio sempre maggiore di spazi, interessi, storie e me­morie che ci inseriscono-insieme-nel mosaico di una storia più grande, sempre contemporanea.

Giuseppe Cicolini

Subiaco – Agosto 2001

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INTRODUZIONE

Alla luce dei rapporti sociali tra i popoli è bene riscoprire fatti ed episodi della nostra storia, valo­rizzarli e consegnarli innanzitutto alle giovani generazioni.

Troppo spesso, nonostante 1′ alfabetizzazione generalizzata si stenta a conoscere tanta storia no­stra, le vicende che hanno coinvolto per secoli le nostre popolazioni e il territorio come scenario. Scopo di queste piccole pagine è, appunto, quello di stimolare la ricerca, nonostante la fatica che ciò comporta. Gran parte che qui si è voluto riportare in forma sintetica riguarda i rapporti tra la città di Subiaco, i monasteri e gli abati di quel dato perio­do storico, tentando di far emergere ed evidenziare i percorsi che portarono all’alleanza tra Subiaco e Tagliacozzo, nonostante le scarne notizie allo stato esistenti.

Nostra intenzione sarebbe quella di coinvolgere anche studiosi tagliacozzani per rinverdire, non so­lo una tradizione ma addirittura operare per favorire e proporre un possibile gemellaggio tra le nostre due comunità, che, ci arricchirebbe in conoscenza e cultura reciproca. Ne sarebbero felici special­mente i tagliacozzani sublacensi e viceversa, tutto­ra esistenti.

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CONTESTO STORICO

Nel corso del 1300 nei vari stati della nostra penisola vigeva la lotta per l’egemonia tra il papa­to, pro fazione Guelfa, e l’impero, principalmente Germanico, fazione Ghibellina. A Roma i due par­titi da tempo si fronteggiavano aspramente; gli stessi casati principeschi, duchi, conti, baroni, si dividevano trasversalmente nel parteggiare per l’u­na e l’altra fazione, notoriamente per motivi d’ínte­resse nelle spartizioni dei feudi.

In questo contesto generale, anche nella badia sublacense le ripercussioni di tali lotte erano pre­senti ed evidenti tra il Monastero di S. Scolastica, di parte Guelfa, e la città di Subiaco, di parte Ghibellina, la quale con i suoi dignitari, anelava a cambiamenti di libertà, rivendicando quello statuto che doveva eliminare, in primo luogo, gli antichi privilegi baronali e tutte le angherie che ne con­seguivano, come la odiata tassa del connatico.

Periodicamente si avevano dei sussulti bellige­ranti tra i cenobiti e i sublacensi con evidenti divi­sioni in gruppi d’interesse al loro interno. Gli abati, alcuni moderati, altri veri tiranni, senza distinzione tra quelli claustrali e quelli manuali o curiali, agivano spesso, andando oltre le loro prerogative, oltre ciò che la stessa camera apostolica permette­va loro nell’amministrazione dei beni e delle per-

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sone. In tale situazione, non convenendo a nessuno lo scontro frontale, si andava avanti a compromessi tra il Guelfo Monastero e il Sopraconsiglio subla­cense, apertamente parteggiatore dei ghibellini, anelanti propugnatori delle leggi imperiali di Federico II, “Le costituzioni sicule ” così dette; sen­zaltro più democratiche e rispettose delle persone che il grande Imperatore aveva emanato nei terri­tori di suo dominio.

Cercheremo di ricostruire i percorsi e i contesti che portarono alla nascita dell’alleanza e fratellan­za tra la città di Subiaco e quella di Tagliacozzo, che avrà vita per secoli, documentata dagli episodi che appresso narreremo.

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GIOVANNI III IL MANSUETO

Nel 1344 i monaci elessero il proprio abate nella persona di Giovanni De Cinis4 di Città di Castello priore del Sacro Speco osservatissimo delle leggi e mansueto con il popolo; ciò nonostante i sublacensi non si staccarono dalla fazione Ghibellina. Giovanni III governava il monastero rendendosi famoso in letteratura e virtù ideale, cosa rara in quel tempo e la sua fama valicò i confini della badia, tanto è vero che i monaci di Farfa proposero l’unione fra i due monasteri e pare che lo stesso Petrarca poeta, pro­pugnasse ciò “De vita Solitaria” Il, 9. Il 27 ottobre 1346 il Sopraconsiglio di Subiaco invia 200 uomi­ni in armi ad aiutare i Ghibellini Andrea e Stefano della Montagna nella difesa di Roccacerro loro feu­do, dall’aggressione del Conte Orso degli Orsini fautore del partito Guelfo e signore di Tagliacozzo.

Nel 1348 l’abate Giovanni rimase vittima della peste che in quell’anno infierì a Subiaco. Durante e nonostante la pestilenza venne chiamato al seggio abbaziale Pietro da Perugia, il quale nel 1349 spaventato da un fortissimo terremoto andò ad abitare nel Convento di S. Francesco. Alla Morte di Pietro qualche anno dopo, al potere abbaziale per­venne Il Terribile Angelo Moreale. Per difendersi dai continui soprusi e angherie, insorsero i subla­censi ma vennero crudelmente puniti dall’abate, che

 

fece uccidere 107 cittadini. Ciò provocò la furia della città di Subiaco e gli abitanti assaltarono e bruciarono la Rocca ma non trovarono l’abate, fug­gito per mezzo di una galleria segreta e mai più tornò a Subiaco. Verrà preso a Roma da Cola di Rienzo e decapitato il 25 agosto 1354.

IL FRANCESE ADEMARO

*Venne eletto abate il francese Ademaro, un’al­tro despota che trascinò i sublacensi in una guerra con i Tiburtini dopo aver negato le decime alla Camera Apostolica e il censo all’episcopato di Tivoli, sempre versato dai suoi predecessori. Fu l’a­bate della battaglia di Campo d’Arco che vinse i Tiburtini condannati alla costruzione del ponte di S. Francesco e cotti in fronte. Ademaro ebbro della vittoria grazie all’intervento dei tre castelli, Ponza, Affile e Roiate, si rivelò un tiranno. Dalla Santa Caterina da Siena venne apostrofato come “Lupo rapace in veste di pastore e demonio in forma umana”. Agli eccessi di questo abate dopo i recla­mi sublacensi, provvide la Camera Apostolica mediante il legato pontificio Andrea di Tivoli e la fuga di Ademaro 1358. Nel 1361 ancora la peste infestò la badia; continuarono i conflitti tra abati e sublacensi sempre schierati con i Ghibellini e ancora una volta il Sopraconsiglio propugnò l’al­leanza con gli Orsini di Tagliacozzo.

*Antonio Lanciata
Falsari celebri
P 163-166-184

TIVOLI, TAGLIACOZZO: LE OSTILITÀ

Nel 1380 i Guelfi Tiburtini assalirono Tagliacozzo per obbedienza giurata al Papa Urbano VI, dal momento che gli Orsini erano passati alla fazione Ghibellina attraverso l’alleanza con Carlo Durazzo. Vengono respinti con gravi perdite; a fianco dei tagliacozzani combattevano ancora una volta i sublacensi.

L’anno seguente, 1381 i tiburtini riprendono le ostilità con un più forte esercito; erano 800 della milizia cittadina, 2500 fanti e 1500 cavalieri al co­mando di Adriano Montaneo ricco cittadino patrizio di Tivoli, essi risalirono la Via Valeria saccheggian­do i castelli di Vicovaro, S. Polo, Caste! S. Angelo (oggi Castelmadama), Saracinesco, Scarpa (oggi Cineto) e poi Carsoli; arrivano come falchi nel valico di Monte Bove, discendóno verso Tagliacozzo e la distruggono. Gli Orsini, al tempo stesso, erroneamente, attendevano i tiburtini ai Piani Palentini e quando fecero marcia indietro convinti di prendere i Guelfi tra due fuochi, soccombettero nello scontro.

L’anno seguente vi fu la pace e lo scambio di prigionieri, tra cui molti soldati sublacensi che uscirono dalle carceri di Tivoli.

La pace comportava un accordo composto di 4 articoli:

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1)  Tutto il bottino fatto dai tiburtini negli stati degli Orsini, in bestiame, in suppellettili, oro, argento e in qualunque altro oggetto resterà in loro assoluta disposizione;

2)  La porzione del castello e del territorio di Saracinesco spettante agli Orsini sarà in avvenire di proprietà dei Tiburtini;

3)  I prigionieri sarebbero stati restituiti dall’una e dall’altra parte;

4)  Si conveniva tra i tiburtini e gli Orsini una pace e confederazione perpetua.

Scrive in proposito il Gattinara: “In simili lotte, ed in altre ancora, Tagliacozzo ha sempre avuto a fianco i cittadini di Subiaco, come questi sono stati spalleggiati dai nostri nelle occasioni che anche in più rincontri hanno avuto per sostenere, rivendi­care, o difendere con le armi i propri diritti”.

IL CRUDELE TOMMASO

Tommaso da Celano brucia Toccianello: tal evento porta a riallacciare i rapporti tra Subiaco e Tagliacozzo; vediamo come si evolvono gli avveni­menti.

Nel 1378 durante il papato di Urbano VI la nomina degli abati sublacensi venne avocata dalla sede apostolica. Tale decisione fu presa a causa del grave stato di divisione tra i claustrali e i soprusi verso i popoli abbaziali da parte dell’abate Francesco II. Urbano emanò addirittura l’interdetto nei confronti dell’abate. I successivi abati erano detti curiali o manuali. Il primo abate curiale nominato da Roma fu Tommaso da Celano. Questi si rivelò da subito fedele esecutore della curia romana, la quale gli ordinò di vendere gran parte dei beni del Monastero fino a tremila fiorini d’oro. Il 25 gennaio 1390 con atto pubblico del notaio Angelo di Paolo Alessi di Tivoli vennero assegnati alla mensa di Tommaso i seguenti proventi patri­moniali: i molini di Subiaco, i beni di Cerreto, i ter­reni di Montecasale, la ferriera, la gualtiera, la vigna di Soricella in Subiaco, la metà del molino di Jenne, la montagna di Cervara e le decime di Monteporcaro e di Toccianello con grande disap­punto di questi castelli e dei monaci stessi.

I proventi ricavati dovevano servire a finanziare la guerra contro l’antipapa Clemente VII, il quale da Avignone tentava di spodestare Urbano facen­dogli terra bruciata anche nei suoi territori. Alla morte di Urbano VI i monaci sublacensi si schiera­no apertamente contro l’abate Tommaso reclaman­do il diritto alla rielezione del loro abate, ma vennero ignorati da Roma.

Trai vari feudi oggetto di vendite ed obbligati a maggior imposte i più tartassati, forse, per via della loro debolezza numerica, furono Toccianello a sole due miglia da Subiaco e Monteporcaro nei pressi di Jenne. I rappresentanti di questi castelli si ribel­larono a Tommaso, reclamando i loro diritti presso la curia romana. Tale ribellione costò cara agli abitanti di Toccianello i quali pagarono subito amaramente il loro atto.

Monteporcaro pagherà a mia volta, ma noi qui non seguiremo il suo tragico destino.

IL SOPRACONSIGLIO DI SUBIACO
SFIDA IL MONASTERO

Nel 1389 ad Urbano VI seguì Bonifacio IX.

Questi tentò di derimere le controversie tra monaci, abati e abbaziali inviando a Subiaco il vescovo di Tivoli Pietro Scaglia e fra Donato di Toledo, già monaco al Sacro Speco, con facoltà di depone anche lo stesso abate. L’esito però non diede frutti; evidentemente gli inviati pontifici non riuscirono a districarsi tra le varie fazioni.

Quindi alla loro partenza da Subiaco la situazione era alquanto peggiorata. Per indurre alla ragione i ribelli e dare un esempio a tutti, l’abate Tommaso decise di distruggere Toccianello col fuoco. Quando gli abitanti videro le loro case in fiamme assieme alla Torre e alla Chiesa di San Giorgio si rifugiarono a Subiaco.

I sublacensi e il Sopraconsiglio sfidando le ire dell’abate li accolsero facendo causa comune con loro; non solo, ottennero dall’abate la promessa di ricostruire case e chiesa. Quella promessa però si rivelò un inganno. Invano il Sopraconsiglio subla­cense si appellò al pontefice perché intervenisse presso l’abate. I sublacensi si rivolsero allora a tutti i castelli della Badia, affinGhé insorgessero contro Tommaso e questi in un primo tempo, promisero di appoggiare la causa di Subiaco.

IL TRADIMENTO

Ma poi, ricattati e impauriti, non solo non si mossero, ma abbandonarono la convenzione che si teneva a Subiaco recandosi come pecore al Monastero dove il 16 novembre 1399 firmarono un atto di rinuncia all’alleanza con i sublacensi, e fedeltà all’abate.

I castelli che tradirono rinunciando alle libertà statuali erano: Tenne, Monteporcaro (sperando di salvarsi, invano), Affile, Ponza (oggi Arcinazzo Romano), Roiate, Civitella (oggi Bellegra), Rocca S. Stefano, Gerano, Cerreto, Rocca Canterano, Canterano, Rocca di Mezzo, Marano, Cervara e Camerata.

I sublacensi allora chiesero soccorso a coloro di cui erano sicuri di poter contare, i tagliacozzani, con i quali avevano combattuto da alleati contro i Guelfi Tiburtini, alcuni anni addietro.

ALLEANZA E FRATELLANZA

Erano questi due popoli che anelavano a scrollar­si di dosso, l’uno il gioco dispotico degli abati, l’al­tro le vessazioni e le prepotenze degli Orsini. Giurarono, ribadendo di aiutarsi a vicenda fino a ver­sare il proprio sangue, formando un’alleanza, anno 1400 che ebbe vita per ben tre secoli. Noi non cono­sciamo la stesura dei patti scritti di questa alleanza. Probabilmente andati perduti a Subiaco a seguito del­l’incendio ad opera di Fortebraccio nel 1433 in cui bruciò l’archivio comunale.

Oggi solo la tradizione, quella orale dei nostri anziani ci soccorre (anche se naturalmente l’ac­cogliamo con tutte le riserve del caso) e quanto nei secoli scorsi hanno scritto gli storici. Sempre il Gattinara alla fine dell’ottocento annota: “Esisteva tra questi due paesi un’alleanza offensiVa e difensi­va, e tuttora persiste fra di loro un’ amichevole relazione, diguisaché, incontrandosi, si salutano col nome di Fratelli Congiurati”. Tanto forte doveva es­sere questo patto, che pare generò anche i “Priori del­la fratellanza”, uno ciascuno per comune e che inoltre, tale alleanza generasse matrimoni e comparatici; in occasione di queste cerimonie, si racconta, le donne sublacensi venivano fatte vestire come le taglia-cozzane, rinunciando al costume locale per quello abruzzese. Tali usanze durarono almeno fino al 1700.

Scheda Storica

Segnaliamo alcuni avvenimenti rilevanti del sec. 1300 a Subiaco e intorno ad esso, che ebbero rilevanti ripercussioni in questo castello.

1298:  Un forte terremoto a Subiaco

1304:  Il cardinale Sciarra Colonna vince  i Gaetani, con i sublacensi determinanti.

1305:  Crollano le dighe romane che formavano i laghi Simbruini (i Simbruina Stagna )

1321:  I sublacensi riottengono lo Statuto da Bartolomeo abate da Montecassino.

1346:  I Ghibellini Sublacensi inviano 200 uomini contro gli Orsini a Roccacerro presso Tagliacozzo.

1347:  Cola di Rienzo fonda la Repubblica Romana.

1348:  Vi fu la peste a Subiaco e Badia.

1349:  Un terremoto fortissimo colpisce la Badia per ben 15 giorni; crolla un’ala del Monastero e squassa la                         Rocca Abbaziale.

1351:  E’ abate Angelo Moreale: contro i suoi soprusi e angherie insorgono i sublacensi vendicando la morte di                  107 di essi decapitati ed esposti alla Rocca, che venne assalita e bruciata: l’abate fugge per mezzo di una                  galleria segreta. Verrà preso e decapitato da Cola di Rienzo il 25 agosto 1354 a Roma.

1353:  L’abate Ademaro francese, causò la guerra con i tiburtini non volendo pagare i tributi dovuti, e accecò i                    suoi ambasciatori, vinse la battaglia di Campo d’Arco 1358. Si rivelò un tiranno. Caterina da Siena ebbe a                definirlo “Lupo rapace in veste di pastore e demonio in forma umana”.

1361:  Di nuovo la peste a Subiaco.

1378:  Urbano IV lancia l’ interdetto contro l’abate Francesco II ed evoca alla camera apostolica la nomina degli                abati.

1380:  I Guelfi tiburtini assaltano Tagliacozzo, i sublacensi aiutano gli Abruzzesi.

1389:  L’abate Tommaso da Celano ( biografo di Francesco di Assisi) inizia la persecuzione di Toccianello.

1399:  Tradimento dei castelli abbaziali contro Subiaco

1400:  Subiaco e Tagliacozzo alleati e fratelli.

1433:  Fortebraccio assalta Subiaco, brucia le case e la Rocca venne spianata, va in fiamme anche l’archivio                        comunale di Subiaco. Fu anche l’anno in cui scomparse del tutto il castello di Toccianello, già ridotto a                     mucchi di rovine, dove in capanne si ricoveravano gli ultimi resistenti. Da allora quasi tutti si stabilirono                 a  Subiaco, alcuni a Cervara dove vivevano trincerati.

FONTI DA CUI SI E’ ATTINTO PER LE NOTIZIE

STORIA DI TIVOLI    di Sante Viola

Riedizione anastatica dell’edizione 1819 – Bologna,Atesa,1988 Volume II p.p. 253-263

STORIA DI TAGLIACOZZO  dalle origini ai nostri giorni

Sacerdote Gattinara Giuseppe 1849. Ristampa, Avezzano, Eireme, 1968 p. 131

I MONASTERI DI  SUBIACO  G.P.Carosi 1987 Subiaco

GATTINARA  op.Cit.

I FALSARI CELEBRI   di  Antonio Lanciotti 1914, da pp.163- 192

MEMORIE DI SUBIACO E SUA BADIA  Canonico Gregorio Jannuccelli 1856

La rivista  AEQUA  N ° 6

Di prossima pubblicazione di Alessandro Scafetta

  •  Cronaca nera sublacense 1860 – 1870;
  • Briganti – Carbone e polenta; Il brigantaggio nei Monti Simbruini dopo l’Unità d’Italia 1860-1870.