ENNIO MANTELLA: l’uomo, il giornalista.

Una testimonianza da Subiaco

Di Giuseppe Cicolini, amico di Ennio

 Possiamo utilizzare il “Giro d’Italia”, il “Tour de France”  -e gli altri sport - come metafora della vita di Ennio Mantella? Proviamoci.  Ennio è partito da Jenne per tornare a Jenne;le “carovane” dei ciclisti sono composte da persone sostanzialmente povere (specie nel dopoguerra). Ennio è partito dal suo grazioso paesino, certamente non ricco; i corridori talvolta foravano un tubolare e cadevano dalla bici. Ennio ha avuto difficoltà, persecuzioni politiche, riprese, successi e riconoscimenti.

Ha fatto conoscere agli Italiani del dopoguerra la geografia della Penisola e la sua unità  nazionale ,umana, storica, artistica: una vera alfabetizzazione fatta da percorsi, tappe, profili altimetrici, monumenti, personalità e cultura di protagonisti italiani e stranieri delle corse ciclistiche. Tutti a leggere il Corriere delle Sport per le sapide cronache della tappa del giorno prima, magari talvolta leggendo alla lettera: “t-o-u-r”! Un rinnovato orgoglio e una soddisfazione per la generazione della Ricostruzione post-bellica, che usava sì la bicicletta, ma per andare al lavoro, sia pure quando le biciclette si chiamavano “da passeggio”! Vedete il film documentario “Tour d’Italie” sul 34° Giro d’Italia del 1951 e vi renderete conto che quel mondo in faticoso movimento sulle quelle strade italiane (troppo spesso polverose e sassose) era il mondo in cui Ennio Mantella era un protagonista – citato come tale nel film .Come fu protagonista a Jenne, a Roma, in Francia e nella cultura francese, tra i cattolici impegnati culturalmente e politicamente.

A Jenne.Nato a Jenne, ne aveva assorbito valori e dolori. Con una sensibilità raffinata per le conoscenze, lo studio, il bisogno di “andare oltre”……Da adulto, dopo grandi letture e frequentazioni “alte” in italiano e in francese e soprattutto permanenze e amicizie transalpine, ogni tanto a fior di labbra ripeteva la poesia popolare-nenia antica :”Libero sei pastore, sue figlio del Signore…”.Poi magari citava Clemenceau o Jean Guitton.. E non era snobismo, ma cultura come forma di vita.

 Subiaco . Qui conobbe i Benedettini del locale Ginnasio, con le prime scorpacciate di latino e greco e letture  a gogò”. Si accorse che aveva la composizione in lingua italiana nella punta della penna (allora era proprio una penna col pennino d’acciaio!). Era già un raccontatore, ma non lo sapeva .                                                                                                                                       

Roma I primi contatti con Roma furono difficili, come per tutti i “provinciali”. Si inventò un suo stile unico di presenza personale: corporatura asciutta, capelli cortissimi, cache col (al posto della “borghese” cravatta), giacca di velluto o tipo “sahariana”, calzoni di fustagno, scarponi o stivali, ombrello enorme della tradizione contadina. Poi parlava  e si manifestata una persona sensibile, dotta, con lievi accenni di ironia, senza astio o invidia, ma sempre pronto a elogiare altri professionisti:i funzionari dello Stato (Prefettura e Provincia….) , gli insegnanti ( dalla materna all’Università), i sacerdoti,gli onesti ( dovunque fossero). Perdeva le staffe solo quando parlava della cattiva gestione dell’Associazione Stampa Romana. Ma osservò che una giovanissima dattilografa, bilingue, che lavorava all’ordine dei giornalisti, era brava, anche se allora sconosciuta : si chiamava Lilli Gruber.

 L’università . Si iscrisse a Fisica, un corso di laurea dominato dai “Ragazzi di Panisperna”, con a capo Enrico Fermi. Scrivendo per i giornali studenteschi e sportivi, comprese che quella era la sua vocazione professionale. Si laureò in “Olivetti Lettera 22”! E non si fermò più.

Grandi letture  e scrittura. Pur non essendo un teologo, apprezzò e lesse i migliori teologi italiani e francesi: Tommaso Federici ( ma conosceva anche Domenico Federici, padre del primo e  notaio e storico  della Valle dell’Aniene). Per i Francesi, li leggeva direttamente nella loro lingua:  de Lubac, Maritain, Mounier… Ma la letteratura fu il suo alimento continuo. I libri e i successi editoriali erano gran parte della sua  brillante conversazione. Era una sorta di presenza nobile, genius loci, nella Libreria Hoepli.

Il cattolico. Si era costruito una cultura cattolica di  alto stampo francese, come Mons.Montini, divenuto  Paolo VI. La sua Fede  cattolica era limpida come l’acqua.”Ringrazio il Signore  per i tanti favori e grazie, per la certezza che mi ha dato della Fede per la quale non ho dubbi, anche se uno dei Santi più Santo scrisse che i dubbi più intricati fanno sorgere la Fede più luminosa”.”Mi raccomando al Signore ( e lo prego con cuore di credente, che tale sono, perché spesso in lotta con forti dubbi) perché mi aiuti”. Raccontava che qualche volta, di sera, si raccoglieva con altri suoi amici “cattoliconi” ( come diceva lui) a Piazza San Pietro e lì pregavano insieme per il Papa, sotto la finestra illuminata del Papa. Così, con semplicità, senza il solenne “Oremus pro Pontifice nostro…”. Un credente, un cattolico. Solo, lontano dalle pratiche della religiosità popolare, quando, per qualche eccesso, lambiscono la superstizione.

Cultura italiana e francese .Passava con naturalezza da una lingua all’altra, da una cultura all’altra. Spiazzando tutti, perché le sue continue citazioni non si riferivano soltanto ai classici della letteratura francese ,il Pantheon, ma anche gli scrittori d’Oltralpe ancora in carne ed ossa. Con il loro cattolicesimo “gallicano”, ma sempre da “Francia figlia prediletta della Chiesa”.

Sport e professione giornalistica. Lo sport, come la vita,c’è chi la vive e chi la scrive. La vita è stata vissuta ad occhi aperti dal nostro Ennio Mantella. Per lo sport ha preferito raccontarla, facendo uno sport della velocità, completezza e serietà del racconto giornalistico. E’ stato elogiato da Orio Vergani per la sua grande prolificità.Manca un suo libro sul ciclismo in generale: sarebbe stato un “trattato” godibile!Ma si potrebbero ancora raccogliere i  suoi migliori articoli: ed ecco il libro che manca.                                                                                                                                        La scelta per il giornalismo sportivo ciclistico militante. Ha scelto il giornalismo sportivo e il ciclismo specialmente per lavorare al riparo dalle persecuzioni fasciste (che pure ci sono state!). Il lavoro giornalistico faticoso. Che ne sapete voi, gente del telefonino cellulare, Internet e di face book, che cosa voleva dire prendere appunti in auto, tra la polvere e i rumori? E scrivere su macchine da scrivere “Lettera 22”, cercare di corsa un telefono – che allora era solo fisso- e telefonare l’articolo allo stenografo, gridando,spiegando, sillabando i nomi, ripetendo le classifiche e le dichiarazioni dei campioni, dei Dirigenti della Corsa, i commenti personali?

L’antifascista. Dopo aver scritto di sport sul Vittoriale, anche con qualche equivoco e difficoltà, fu preso da un tale disincanto verso tutto ciò che il fascismo rappresentava, da diventare  un simpatizzante e poi aderente al P.P.I. ( Partito Popolare Italiano, e per ciò stesso, antifascista. Lo convocarono talvolta in Questura per  intimidirlo circa il suo antifascismo. Il questurino prese il suo fascicolo “n.1.200. e più”. Al che Ennio gli disse “Ma allora siamo molti!”

 La sua rivista “Cronache della valle dell’Aniene”.Fu una sua creatura, pensata, scritta, stampata nella tipografia del suo amico Padre Libero Raganelli, distribuita per abbonamento e anche in modo artigianale nel Paesi dell’Aniene, a Roma e anche all’Estero. Per allora fu un modello raffinato di comunicazione locale-globale “ante litteram”.Diceva “il giornale ingoia” e voleva che qualcosa restasse. Non ebbe mai il tempo di pensare a scrivere libri. I sui colleghi ( e il suo amico Lelio Antonioni) se la cavavano pubblicando in volume, anche postumo, la raccolta dei loro articoli. Scelse con cura i collaboratori per le “Cronache della Valle dell’Aniene”: Missoni,  il sottoscritto, Angela Mantella,  Domenico e Tommaso Federici, Marcello Valentini,Don Salvatore Mercuri, Giuseppe Panimolle, Bruno Balestreri,Renzo Riccardi, Ubaldo Gizzi, Achille Pannunzi, Renzo Mosti, Walter Pulcini,Lelio Antonioni, Bruno Scafetta. ”Un giornale non è tale se non viene letto”.”Dovremmo arrivare ad avere un giornale che, dopo venti anni, possa far testo”. E le“Lettere al Direttore” della Rivista talvolta facevano storia:e, udite! udite!, molte di quelle lettere erano vere, con un mittente preciso. Le altre erano verosimili… La Rivista era un strumento di riflessione su temi cruciali: cultura, turismo, economia, storia, unità della Valle dell’Aniene. Ma poco sport! Il Direttore  Ennio Mantella si proponeva un Centro di studi superiori, un movimento di idee, in comune con Tivoli: un ideale ancora oggi. “Il vero giornalista ha nel sangue il giornale. Lontano dal giornale, morirebbe. Quanti giornalisti muoiono di crepacuore perché allontanati, per età, dai giornali”.” ‘Fare un giornale è difficile. Farlo bene è arduo. Compilarlo, impaginarlo, correggerlo, prenderlo in consegna…”. La rubrica “Il Civilissimo Gran Signore”, per la penna e le idee di Ennio Mantella ( in quel caso con la “seconda identità” di Gene Frinolli ) l’ideal-tipo di come dovrebbe essere una persona dalla vita autentica, cristiana, colta e del nostro tempo: pedagogia dell’esempio. Per le foto della rivista si poté giovare, per amicizia, dei servizi del fotografo  ufficiale dell’Osservare Romano della Domenica Dott. Enrico Zuppi (padre di Mons. Matteo Zuppi, di S. Egidio, recentemente consacrato Vescovo ausiliare di Roma) su scorci, soggetti e tipi umani della Valle dell’Aniene .Su questo aspetto, il giornalista RAI Mario Refrigeri allestì una mostra nel  chiostro di Santa Scolastica.

Sindaco a Jenne). Quando fu eletto Sindaco di Jenne si contornò da amici veri e collaboratori efficienti. Non si stancava di ripetere che gli Assessori e Consiglieri Comunale erano tutti onesti e competenti. S’impegnò molto per costruire il Palazzetto comunale, per valorizzare il buon turismo in tutta Jenne e a Fondi ( ma evitando il chiasso e i “fagottari” che gettano dappertutto cartacce e scatolette), per far conoscere le glorie  e le memorie locali:  tra cui il Papa Alessandro IV e la Rocca con la Chiesetta di Maria Nascente. Il dott. Giandomenico Fratticci, documentò con foto efficaci, scorci e portali della Jenne  tradizionale. Le usanze viventi,le fortune del Santo di Fogazzaro, trovarono sempre spazio nella Rivista e nelle conversazioni di Ennio. Seguiva personalmente l’iter delle delibere di Giunta e di Consiglio in Prefettura, nel Consiglio Provinciale Amministrativo. Giungeva a manifestare ammirazione per i dirigenti e funzionari della Prefettura e degli altri Uffici statali con cui veniva a contatto in ragione della sua carica di Sindaco di Jenne! S’impegnava per la cultura, a tutti i livelli, dalla scuola per tutti, alle Accademie italiane e straniere (francesi!).”E se attualmente sono Sindaco, lo debbo ad amici carissimi e a una popolazione che si mostrò – e lo è ancora – generosa: ma non vi sono per mia iniziativa, perché già npn lo rarei più se il tanto paziente e onestissimo Giandomenico Fratticci, non accorresse  ogni dieci minuti a impedire le mie dimissioni”. Lamentando la pessima situazione politica locale, aggiunge:”Ti ho scritto la presente lettera, della quale puoi fare quel che vuoi: anche renderla di pubblico dominio”.L’ho fatto allora, nella D.C., e lo faccio adesso!                                                                                                                                         Epistolario. Si sfogava: “Bisogna fare qualcosa che dia risonanza internazionale a Subiaco. Tivoli e Valle dell’Aniene. Subiaco ha in sé , nella storia-storia in quella artistica , nell’altra, religiosa….tutti i motivi per emergere”.”Noi dovremmo fare qualcosa perché non solo Tivoli, ma Roma e Parigi se ne interessino!”. Citava Flaubert:”La provincia fa camminare tutto adagio”.”Io ho trovato un gruppo di giovani a Subiaco e a Tivoli, disposti a lavorare per coltivare la forza delle idee sorrette dalla cultura: oggi qualità, domandi quantità”. ( E qui citava Bergson) .

“Studiare i linguaggi: del giornalismo, della radio, dei sindacati, della poesia, della narrativa,sino alle indagini su le scuole”. Qui c’è tutta la passione per gli strumenti del comunicare.Vado spesso in Francia: “…quelle est douce, la douce terre de France’, come scrive malinconicamente Baudelaire”. “ Ma io vivo bene anche a Roma, la solenne  nostra Roma, e nel mio paesello!”. “L’otto luglio ricorre il primo anniversario del mio intervento chirurgico: e io andrò nella chiesetta della Rocca di Jenne a ringraziare:insieme con un gruppo di uomini e donne che vi si recano in quei giorni a pregare”. “Sto leggendo l’ultimo libro di Don Milani ( La “Lettera…”) : che anima nobile, che intelligenza, che vero credente, sia pure strano !Bella intelligenza,  forza spirituale,  abnegazione”. “Non sopporto la mediocrità”.”Mi avvio verso la vecchiaia che spero sia come la desidero: semplice e lieta”.

Curiosità.-Non aveva frequentato le attuali pletoriche Facoltà di Scienze della Comunicazione, ma era un vero comunicatore. Con gli articoli, con le lettere (somiglianti ad articoli), con le telefonate, ma anche con le passeggiate, conversazioni e riunioni con amici e colleghi. Per essere un grande comunicatore occorre avere qualcosa da comunicare.E Mantella era “fornitissimo” di fatti di attualità, “fatti letterari”, storia e storie.- Quando era a Jenne, dava appuntamento a qualche amico ( tra cui spiccava il frascatano Tommaso Caroni, socio-psicologo a sua volta grande suo amico e comunicatore) a S. Giovanni dell’Acqua, a mezza strada tra Jenne e Subiaco. Lì in un’ora si “rifaceva” il mondo delle idee, dei libri, della politica italiana e romana. Con spirito, ma senza acredine. Qualche strale andava al mondo della carta stampata, sempre in crisi….                                                              -Non beveva vino, pur frequentando i francesi che non concepiscono gli astemi ( non hanno neppure la parola adatta per dire astemio),ma celebrava i vini celebri e i nostri vini locali, da valorizzare.

-Aveva lanciato un concorso tra i paesi dell’alto Aniene per il miglior presepio. E una “commissione” da lui presieduta giudicò tutti i presepi “concorrenti”.A Vallepietra fu visitato il presepio del Parroco-poeta Don Salvatore Mercuri. Questi chiese di leggere ad alta voce in francese le sue poesie da “Acqua di polla”, tradotte in francese da una istituzione letteraria d’Oltralpe, che le aveva premiate. E fu un scena bellissima,nella canonica, per pochi, con Don Salvatore che sembrava non credere che quella lettura fosse possibile.

-A Subiaco frequentava il Caffè “ Del Giardino” – “Ariston”, soprattutto per incontrare amici e collaboratori della sua Rivista “Cronache della Valle dell’Aniene.

-Si irritava  quando capitava di Sabato a Subiaco e tutti i negozi erano chiusi. Diceva che mettendo insieme quella tristezza e l’immancabile umidità dell’aria, si sentiva la capigliatura come ”ingommata”.

-Andò a visitare il Padre Abate di Subiaco Dom Egidio Gavazzi ( di cui era un ammiratore, perché benedettino e perché già ingegnere!) per presentargli l’organizzazione “Serra Internationalis”, di aiuto alle vocazioni sacerdotali. Il Padre Abate lo ascoltò, ma concluse che quell’opera era necessaria altrove, perché Subiaco aveva già troppi seminaristi! Altri tempi.

-Aveva un rapporto di odio-amore per l’automobile. Quando era a Jenne ( sempre per pochi giorni) se ne dimenticava e camminava, camminava…come un montanaro.

-Non sopportava chi faceva scempio della grammatica italiana:”Ennio Flajano leggeva i manifesti politici e commentava :i politici possono pure polemizzare tra loro, ma perché se la prendono anche con la povera e inoffensiva lingua italiana?”.-Lanciava continui strali contro i faccendieri, gli intriganti e gli arrampicatori…

Le amicizie. Abate Gavazzi, Don Salvatore Mercuri,Giandomenico Frattici, Virginia De Angelis,Tommaso Caroni,Giuseppe Cicolini, Natale Segatori, Lino Piervenanzi, Lelio Antonioni, Roberto Missoni, . “Mi viene da ammirare Don Paolo Pecoraro. Ne ammiro la Fede integra, la volontà, la cultura”. E un altro sacerdote ammiro: Don Paolo Carosi”.A Roma “frequento un ambiente composto di gente di primo piano (tra l’altro,  Sullo –intelligentissimo e colto – un attore di gran nome, tre giornalisti uno o due scrittori ( Flajano, Gabriele De Rosa), un paio di professori universitari- uno di gran nome e un paio di registi:tre o quattro deputati giovani  e via elencando…”

 Quando lo sorprese la malattia - che affrontò virilmente e cristianamente-, gli amici, sacerdoti e non, gli furono vicini e gli vollero ancora più bene.

Lo stile del giornalista: la lingua (analisi del contenuto del Corriere dello Sport).L’editore Taccone, gli altri grandi giornalisti. La lingua italiana era stata appresa dai classici. Ma ormai era una sua seconda natura. Scorreva senza grovigli. Si faceva leggere. Rispondeva alle domande implicite del lettore, non importa se còlto o no. Tra i giornalisti “ di razza” ovviamente poneva Orio Vergani, un letterato consumato, e Bruno Roghi, che dei suoi voli Pindarici, aveva fatto uno stile. I due giornalisti citavano Ennio, per la sua ricca e rapida soluzione. Ennio Mantella aveva una prova svelta, ma da antologie per le scuole….. I voli erano per lo più relativi alle vite dei corridori-come uomini.La sua prosa  era”brillante,discorsiva,chiara, padrona della materia, con una vena di umorismo, nostro, romano,polemica da non urtare, nemmen poco noiosa,sempre interessante”:egli lo riferiva per altri scrittori, ma andava a pennello per sé! Ma era anche molto tecnico nelle sue narrazioni. Ammirava, ma non avrebbe mai imitato, il poeta Alfonso Gatto, che, inviato al seguito di una gara ciclistica, invece di fornire con esattezza cronometrica l’ordine di arrivo, scrisse: “ Tutti primi al traguardo del mio cuore!”. Ma il poeta si può permettere questo e altro! Ennio visitò alcune quinte classi elementari e classi di scuole media. E si sorprendeva che gli alunni sapessero di lui e avessero scritto alcuni suoi brani.

La comunità dei giornalisti è un particolare gruppo di tutti “numeri primi”, amici tra loro, ma tra loro in eterna competizione: ogni mattina ciascuno legge gli altri… e riparte.Con Ennio Mantella c’era una generazione:Antonio Ghirelli,De Cesari, Pennacchia, Paolo Rosi, Sergio Neri, Gastone Alecci.Per il Corriere dello Sport organizzò il concorso per i tifosi “Assi lanciati” e la partecipazione al “processo alla tappa” di allora. Elogiando e criticando le scelta del “Direttore” -fac totum- del Giro Vincenzo Torriani, ma elogiando sempre il bravo motociclista porta-notizie Guerino Farolfi.Non era un  radiocronista o un telecronista e non gridò il fatidico: “Un uomo solo al comando!” ma gestì, da par suo, il tifo “personalizzato” per i campioni Bartali e Coppi, o come egli amava dire  “il Bartali” e “ Il Coppi”, senza mai farsi scoprire troppo come… forse… “bartaliano”! Sapeva far leva su quel particolare “tifo” dell’italiano lavoratore di provincia o di periferia, che possedeva e usava una bicicletta, magari per recarsi al lavoro o in qualche gita fuori porta, facendolo identificare con i più grandi campioni del pedale. Spesso accostava, con ironia, le vicende politiche del momento con “la tormentata vicenda del Giro”!

Se identificava un campione con un nomignolo (sempre benevolo!), quel segnale gli restava. Robic era “il piccolo Robic”. Bartali era “il vecchio Bartali”. L’editore Taccone era “l’onesto Taccone”. Citava anche i campioni di un giorno e quelli sfortunati. Insomma era la “maglia rosa” del giornalismo sportivo italiano ed europeo. Partito da un piccolo grande paese: Jenne.