BEATRICE CENCI, VITTIMA O ASSASSINA?
Siamo nel 1598-99. Lambisce
La giovane Beatrice viveva a Roma con la famiglia, che vantava nobili ascendenze (dai Crescenzi , nome popolarmente abbreviato in Cenci, o addirittura dall’ antica famiglia romana Cincia).
Il padre Francesco era un tiranno, anche nei confronti degli altri quattro suoi figli: Giacomo, Cristoforo, Rocco e Bernardo. Matrigna della famiglia era Lucrezia Petroni Velli.
Francesco scacciò di casa i figli maschi, per diseredarli, inducendoli, pare, a darsi al brigantaggio per sopravvivere.
Beatrice, che aveva 23 anni, chiese di sposarsi per sottrarsi al dispotismo paterno. Ma il padre si oppose sempre. Costui anzi, per non essere giudicato dai romani, strasferì quel che restava della sua famiglia nel suo feudo e castello di Rocca Petrella (l’attuale Petrella Salto, in Provincia di Rieti).
Le angherie e l’opposizione al matrimonio (o anche al monastero) di Beatrice continuarono.
Finché i perseguitati ordirono una congiura per uccidere il tirannico capo-famiglia, aiutati dal custode del castello Olimpio Calvetti, divenuto (forse) amante di Beatrice.
Assoldarono due sicari e, nella notte del 9 settembre 1598, uccisero a martellate Francesco nel sonno e poi lo gettano in giardino, simulando una disgrazia. Qualcuno sostiene che “segarono” le tavole del ballatoio che portavano ai servizi igienici esterni al castello: così, quando Francesco uscì per le sue necessità corporali, posò i piedi su una tavola semi-segata e precipitò, morendo.
Ma ben presto i congiurati furono sospettati, arrestati e portati in manette a Roma. Il carro dei prigionieri fece una sosta a ”La spiaggia”, una locanda sulla via Tiburtina.
Giacomo, Lucrezia e Bernardo confessarono subito sotto tortura. Beatrice resistette a lungo.
L’avvocato
degli accusati Farinacci tentò di accreditare
il sospetto che Francesco avesse attentato alla
virtù della figlia.
Il
trasferimento sul carro dei condannati, con la scorta del Confortatore e dei
confratelli della Misericordia (o S. Giovanni Decollato) dalla corte Savella e Tordinona
fino a ponte S. Angelo fu impressionante. “Ai lati del corteo si aprivano ali di folla ...dai balconi dei palazzi
e dai cigli delle strade”. “Ecco
Beatrice , la folla mormora, si odono singhiozzi, la
fanciulla poggia la testa sulla tavola e sul suo collo scende la lama affilata
della spada del boia”
La presentazione degli strumenti di tortura e le torture erano state orribili. La stessa Beatrice su sollevata con la corda, prima di firmare la sua confessione.
L’esecuzione delle condanne fu impressionante: l’11 settembre 1599, davanti al Ponte S. Angelo, Giacomo venne decapitato e squartato; gli altri morirono per la spada di giustizia del boia; solo il giovanissimo Bernardo venne condannato ad assistere alla morte dei suoi e inviato alle galere.
Impressionante la morte della bellissima Beatrice.
Il popolo romano si commosse profondamente e ricordò a lungo quella tragedia. Una strada di Roma presso il Ghetto ricorda ancora il nome di Beatrice.
Nel periodo risorgimentale vari scrittori di impossessarono della truce storia e glorificarono Beatrice, presentandola come vittima innocente del dispotismo della Stato Pontificio, quasi antesignana delle libertà politiche. Insomma una eroina innocente e libertaria...
Opere su Beatrice furono scritte da Shelley, Stendhal, Ademollo, Skowacki, Niccolini, Guerrazzi, Dumas padre e Corrado Ricci.
Anche Melville accennò a Beatrice in una sua opera.
Pittori che ritrassero Beatrice furono Guido Reni e P. Delaroche.
La celebrazione di Beatrice continua.
Ma era colpevole o innocente?
Era colpevole, ma non le vennero
riconosciute le “attenuanti specifiche”, che avrebbero dovuto
portare ad una pena più mite.
In effetti il Tribunale Criminale dell’epoca
intendeva fare un processo esemplare,calpestando di valutare le singole prove e
le singole posizioni processuali. Ma forse anche la folla dell’epoca era decisamente “forcaiola”
( come si direbbe oggi), anche se poi, voleva fare una eccezione ”
sentimentale” per l’indimenticabile Beatrice.